Nel breve saggio viene analizzata la corruzione nelle sue componenti fondamentali, vale a dire le sue origini e le sue forme, nonché la validità del diritto penale come strumento di lotta a tale fenomeno.
Partendo dal presupposto che l'ammontare della corruzione prodotta dipenda dalle opportunità di corruzione e dal rischio di incriminazione, E. U. Savona si propone di indagare tale problema, specificando "i principali fattori responsabili dello sviluppo della corruzione in Italia e del successo e dei limiti alla sua repressione", convinto che il migliore approccio per lo studio del fenomeno sia quello economico.
Procedendo su questa linea si prendono in esame: a) le situazioni che generano corruzione; b) i fattori che ne influenzano l'ammontare (grado di concentrazione/dispersione dei soggetti che decidono); c) la tipologia (monopolistica e competitiva); d) i vantaggi (maggiori in mancanza di alternative adeguate); e) i rischi di law enforcement (e loro percezione da parte degli attori nel mercato della corruzione).
Il caso italiano si presenta peculiare all'indagine sia per le sue componenti culturali che per il carattere delle soluzioni.
Lo studio di Savona evidenzia la diffusione del sistema di corruzione tra imprese private e pubbliche da una parte ed esponenti politici e funzionari pubblici dall'altra, allargatasi in modo smisurato sull'intero territorio nazionale (è emersa l'esistenza di un sistema di corruzione binario al Nord (politici/amministratori - imprese) e triangolare al Sud, dove le organizzazioni criminali agiscono da terzo attore con funzioni di mediazione tra imprese piccole e grandi e tra gli esponenti politici locali e nazionali.
Savona ritiene che il fattore socio economico che ha maggiormente determinato la corruzione politica in Italia sia individuabile nell'estensione dell'intervento statale nelle attività economiche unitamente alla progressiva espansione dei partiti politici nel controllo della gestione delle imprese pubbliche che hanno determinato un aggrovigliato sistema di rapporti inestricabili.
Soffermandosi poi sui valori morali e sugli schemi di comportamento radicati profondamente nella cultura di ogni paese, Savona pone l'accento sull'individualismo, spesso inteso come opportunismo, sulla capacità, cioè, di trarre benefici, aggirando le prescrizioni della legge, che costituirebbe il terreno ideale per il radicarsi della corruzione.
Il diffuso apprezzamento per l'azione dei giudici di Milano appare più come un desiderio di cambiamento della vecchia classe politica che un reale sdegno da parte di chi è infastidito o sdegnato dalla corruzione pubblica ma incline o abituale a quella privata.
Si accenna ai fattori psicologici che hanno determinato la crescita dell'efficacia dell'azione investigativa condotta dal pool milanese e alle relazioni tra criminalità organizzata e corruzione.
A conclusione dell'attenta indagine Savona, pur riconoscendo e confermando l'efficacia del sistema penale nella repressione della corruzione, ritiene che il diritto penale debba essere "accompagnato da un adeguato sistema di incentivi/disincentivi nella pubblica amministrazione e sostenuto da riforme su larga scala in settori chiave dello Stato", oltre che da una ricostruzione della coscienza/cultura civica tesa al recupero di comportamenti leciti.
È ovviamente auspicabile che tale processo di ristrutturazione sia avviato in tempi ragionevolmente brevi, pur nella considerazione delle obiettive difficoltà, al fine di non dover essere costretti ad annoverare l'azione intrapresa dai giudici di Milano tra le "occasioni perdute".
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